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Strage di Palazzo d'Accursio

Strage di Palazzo d'Accursio
Palazzo d'Accursio in una foto di fine Ottocento
TipoSquadrismo
Data21 novembre 1920
LuogoBologna
StatoItalia (bandiera) Italia
Coordinate44°30′N 11°21′E
ObiettivoCerimonia per l'insediamento della giunta socialista vincitrice delle elezioni comunali
ResponsabiliSquadre d'azione di Leandro Arpinati
MotivazioneViolenza politica
Conseguenze
Morti11
Feriti58

La strage di Palazzo d'Accursio, avvenuta il 21 novembre 1920 a Bologna, fu un episodio di violenza squadrista che si scatenò in Piazza Maggiore, quando un nutrito gruppo di squadristi fascisti attaccò la folla riunitasi in occasione dell'insediamento della nuova giunta comunale presieduta dal socialista massimalista Enio Gnudi. L'episodio di Palazzo d'Accursio - secondo lo storico Jonathan Dunnage - può essere considerato il momento della "comparsa" ufficiale dei fascisti nella provincia di Bologna[1], e un punto di svolta importante nella storia del capoluogo emiliano e successivamente d'Italia: all'egemonia politica dei socialisti succedette l'offensiva squadrista, innescando un processo politico che in un paio d'anni avrebbe portato il fascismo al potere[2].

Gli scontri, la cui dinamica non è mai stata interamente chiarita, portarono alla morte di dieci sostenitori socialisti e del consigliere comunale liberale Giulio Giordani, oltre che al ferimento di circa sessanta persone. Una vasta memorialistica e contribuiti storiografici si sono misurati sulla responsabilità dei tragici avvenimenti e su chi avesse «per primo» aperto il fuoco. Secondo gli storici Dunnage e Fabio Fabbri però, la questione appare di secondaria importanza di fronte al nodo principale della faccenda, ossia l'atteggiamento passivo e compiacente della forza pubblica nei confronti dei fascisti, e soprattutto del questore di Bologna Luigi Poli[3]. Secondo lo storico Nazario Sauro Onofri il questore Poli, nonostante fosse perfettamente al corrente della situazione, non intervenne in tempo e quasi lasciò che le parti si scontrassero, cosciente che gli unici che avessero qualcosa da perdere in quel particolare momento storico erano i socialisti, divisi da questioni interne e sotto l'attacco politico delle organizzazioni liberali e di destra unite in funzione antisocialista[3]. La strage di Palazzo d'Accursio si può considerare quindi un importante nodo storico-politico utile a dimostrare la connivenza della polizia con il movimento fascista prima del definitivo affermarsi di quest'ultimo a Bologna[1].

L'episodio costò caro al movimento socialista bolognese: il fascismo si appropriò della figura di Giordani innalzandolo a primo grande martire fascista e trovò legittimazione nell'azione paramilitare contro le amministrazioni di sinistra da parte dell'opinione pubblica moderata, la quale incolpò senza dubbio i socialisti quali colpevoli della strage. Il sindaco Enio Gnudi e la giunta si ritirarono senza nemmeno insediarsi e ad essi subentrò un commissario prefettizio che preparò il terreno alle successive giunte nazionaliste alla guida della città[4][5].

  1. ^ a b Dunnage 1992, p. 64.
  2. ^ Franzinelli, p. 63.
  3. ^ a b Fabbri, pp. 356-358.
  4. ^ Franzinelli, p. 62.
  5. ^ Nicola Tranfaglia, La prima guerra mondiale e il fascismo, Milano, TEA, 1996, pp. 249-250, ISBN 88-7818-072-6.

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