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Febbre gialla

Le informazioni riportate non sono consigli medici e potrebbero non essere accurate. I contenuti hanno solo fine illustrativo e non sostituiscono il parere medico: leggi le avvertenze.
Febbre gialla
Microscopia elettronica del virus della febbre gialla
Specialitàinfettivologia
Eziologiainfettiva
Classificazione e risorse esterne (EN)
MeSHD015004
MedlinePlus001365
eMedicine232244

La febbre gialla, detta anche tifo itteroide, ittero tifoide, vomito nero o febbre delle Antille è una malattia virale acuta.[1] Nella maggior parte dei casi, i sintomi includono febbre, brividi, inappetenza, nausea, dolori muscolari, particolarmente irradiati al dorso, e cefalea. Essi, solitamente, migliorano entro cinque giorni[1]; tuttavia, in alcune persone si ripresentano dopo una giornata di miglioramento, con febbre, dolore addominale e danni al fegato, che causano ittero.[1] Se questo è il caso, vi è il rischio di emorragia e di insufficienza renale.[1]

La malattia è causata dal virus della febbre gialla, un virus a singolo filamento positivo di RNA, appartenente alla famiglia Flaviviridae, trasmesso dai Culicidae (zanzare) infette.[1][2] Infetta gli umani, altri primati e diverse specie di zanzare.[1] In città, si diffonde principalmente attraverso le zanzare della specie Aedes aegypti.[1] La malattia può essere difficile da distinguere da altre patologie cliniche, soprattutto nelle fasi iniziali.[1] Per confermare un caso sospetto, è richiesto un esame del sangue corredato dal test PCR.[3] Per la febbre gialla esiste un vaccino, obbligatorio in alcuni Paesi[1]. Altri sforzi per prevenire l'infezione includono la riduzione della popolazione della zanzara responsabile della trasmissione[1]. Nelle zone in cui la febbre gialla è comune e la vaccinazione è rara, la diagnosi precoce e la vaccinazione di gran parte della popolazione è importante per prevenire le epidemie.[1]

Il trattamento del soggetto infetto comprende la gestione dei sintomi con misure specifiche efficaci contro il virus[1]. La morte si verifica in circa la metà dei contagiati non adeguatamente curati[1].

Ogni anno la febbre gialla provoca 200000 contagi e 30000 decessi[1], il 90% dei quali in Africa[3]. Quasi un miliardo di persone vivono in zone del mondo in cui la malattia è comune,[1] come le zone tropicali del Sud America e dell'Africa, ma non in Asia.[1][4] Dal 1980, il numero di casi di febbre gialla è in costante aumento.[1][5] Si ritiene che ciò sia dovuto a un minor numero di persone che risultano immuni, alla crescita delle persone che vivono in città e che si muovono più frequentemente e ai cambiamenti climatici.[1] La malattia ha origine in Africa, da dove si è diffusa in Sud America attraverso il commercio degli schiavi nel XVII secolo.[6] Da quel momento, diverse epidemie della malattia si sono verificate nelle Americhe, in Africa e in Europa.[6] Nei secoli XVIII e XIX, la febbre gialla è stata ritenuta come una delle malattie infettive più pericolose.[6] Nel 1927 il virus della febbre gialla è diventato il primo virus umano a essere isolato.[7][8]

  1. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r Yellow fever Fact sheet N°100, su World Health Organization, maggio 2013. URL consultato il 23 febbraio 2014.
  2. ^ (EN) Charles E. McGee, Konstantin A. Tsetsarkin, Bruno Guy, Jean Lang, Kenneth Plante, Dana L. Vanlandingham e Stephen Higgs, Stability of Yellow Fever Virus under Recombinatory Pressure as Compared with Chikungunya Virus, in PLoS One, vol. 6, n. 8, 3 agosto 2011, DOI:10.1371/journal.pone.0023247.
  3. ^ a b Tolle MA, Mosquito-borne diseases, in Curr Probl Pediatr Adolesc Health Care, vol. 39, n. 4, aprile 2009, pp. 97–140, DOI:10.1016/j.cppeds.2009.01.001, PMID 19327647.
  4. ^ CDC Yellow Fever, su cdc.gov. URL consultato il 12 dicembre 2012.
  5. ^ Barrett AD, Higgs S, Yellow fever: a disease that has yet to be conquered, in Annu. Rev. Entomol., vol. 52, 2007, pp. 209–29, DOI:10.1146/annurev.ento.52.110405.091454, PMID 16913829.
  6. ^ a b c Michael Oldstone, Viruses, Plagues, and History: Past, Present and Future, Oxford University Press, 2009, pp. 102–4, ISBN 978-0-19-975849-4.
  7. ^ Lindenbach, B. D., Flaviviridae: The Viruses and Their Replication, in Knipe, D. M. and P. M. Howley. (eds.) (a cura di), Fields Virology, 5th, Philadelphia, PA, Lippincott Williams & Wilkins, 2007, p. 1101, ISBN 0-7817-6060-7.
  8. ^ Jeffrey Sfakianos e Alan Hecht ; consulting editor, Hilary Babcock ; foreword by David Heymann, West Nile virus, 2nd, New York, Chelsea House, 2009, p. 17, ISBN 978-1-60413-254-0.

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