La presenza di combattenti stranieri (spesso definiti come volontari stranieri o in inglese foreign fighters[1]) tra le file dei miliziani ribelli che si oppongono alle truppe governative siriane, è un elemento caratterizzante della guerra civile siriana e ha permesso che la Siria diventasse "la prima mèta per i combattenti jihadisti e il più importante campo di battaglia del mondo per il jihād" nonché il più importante "punto di aggregazione e addestramento per i fondamentalisti islamici di altre nazioni"[2]. La meta privilegiata dei volontari stranieri sono infatti le formazioni più estremistiche del jihādismo takfirista.
Si stima che le due formazioni jihadiste più importanti, il Fronte al-Nusra (jihadista di obbedienza qa'idista) e lo Stato Islamico dell'Iraq e Levante (di fede jihadista ma in forte polemica con al-Qāʿida), accolgano tra le loro file almeno 9 000 combattenti non siriani, ovvero circa il 20% del totale[3]. Altre stime vedono la percentuale salire notevolmente tra i miliziani di Da'esh, con il 40% di non siriani tra gli effettivi[4]. Includendo le altre formazioni islamiste e l'Esercito siriano libero si arriva a una cifra complessiva tra gli 11 000[5] e i 15 000[6]. Al termine del 2013 il numero di stranieri uccisi dalle forze governative è calcolato aggirarsi intorno alla cifra di 700.[3]
Esiste una formazione composta esclusivamente da volontari stranieri: Jaysh al-Muhājirīn wa l-Anṣār (Esercito degli Emigranti e degli Ausiliari)[7]
A differenza di altri conflitti, in cui si è assistiti all'afflusso di militanti jihadisti stranieri, come Afghanistan, Bosnia e Somalia, il ritmo di crescita della presenza dei volontari stranieri è più alta[8] e nella maggior parte dei casi la scelta di combattere deriva da un'iniziativa personale più che da un arruolamento da parte di un gruppo estremista[9]. La scelta individuale è la differenza principale rispetto ai combattenti stranieri presenti nei gruppi intervenuti a combattere a fianco dell'esercito regolare siriano (tra cui libanesi, iracheni, palestinesi e yemeniti), che sono invece inquadrati in strutture organizzate.
Il flusso di combattenti stranieri verso la Siria aumenta sensibilmente a partire dalla seconda metà del 2013 a causa dell'aggravarsi della frattura settaria tra sciiti e sunniti a seguito della battaglia di al-Quṣayr e al successivo incitamento delle masse arabe da parte di alcuni imam come lo sceicco Yūsuf ʿAbd Allāh al-Qaradāwīi[3].
Generalmente il miliziano non siriano è di età compresa tra i 18 e i 30 anni, ben istruito (alcuni combattenti sospendono gli studi per combattere al fronte) e senza esperienza militare[3][10].
L'accesso al territorio siriano avviene nella maggior parte dei casi attraverso il confine turco[11] o iracheno[12] a causa del controllo dei valichi di frontiera da parte dei ribelli.